Era sabato pomeriggio dopo la scuola. C’era la pasta in bianco che la mamma mi avevo lasciato sul tavolo nudo della cucina facendo attenzione ad andarsene in fretta; nei suoi movimenti assenti lei mi diceva, io già conosco la fine della storia. C’era una michetta secca e una mela gialla, e c’era il suono di una sirena.
Ho impugnato la forchetta. Quel sabato pomeriggio dopo la scuola ho mangiato solo due bocconi inquieti. Nello zaino gettato a terra c’era il compito in classe di matematica, e la voce del professore che diceva, la tua di non riuscire è solo ostinazione. C’ero io che ho pensato che i conti di una vita non tornano mai, e ti ho aspettato. [continua a leggerlo su Nazione Indiana]
[Pubblicato su Nazione Indiana il 26 agosto 2011, e su SUD: Rivista Europea, n.15/2012]
*Nella foto: Roma 1980 circa, io la piccola al centro.
Sei diventata brava.
Bella lo sei sempre stata.
Di quella bellezza che non riconosce se stessa
E cerca sempre un lavandino sotto un portico