In sosta in autogrill la spunta sul telefono mi ha ricordato che la lista del materiale scolastico da comprare era disponibile. L’ho letta.
È che oggi, in macchina, mentre facevamo ritorno a casa e poco prima della sosta in autogrill, nella strada che lasciavo alle spalle ho pensato che il mio antico nomadismo tornerà presto a pretendere il suo momento, ma anche che è bello tornare a casa. No, non esattamente. Il pensiero completo è stato: avere una casa nella quale tornare è, per me, una conquista che viene da molto lontano e allo stesso tempo ha un sapore amaro e ha il peso del privilegio.
Del sacchetto di plastica gialla che fu il mio zaino il primo giorno di scuola elementare. L’ho già scritto, questo? Credo di sì, da qualche parte. L’ho già raccontato a mia figlia? Sì, un giorno di qualche anno fa, a tavola. La plastica era spessa e il giallo era acceso, un giallo bello come il sole, e dentro non vi era molto; la derisione dei miei compagni era nei loro spintoni e maleparole, quella dei loro genitori, invece, era negli sguardi intrisi di meraviglia e disgusto mentre invitavano i figli a prendere le distanze dalla povertà così manifesta che camminava in mezzo a loro.
Quando la sosta in autogrill è finita abbiamo ripreso il nostro viaggio, e ho pensato ancora a tutti i luoghi e non-luoghi in cui io ho abitato prima di avere una vera casa nella quale tornare. E ho pensato al diritto che ogni bambino ha di avere una casa e uno zaino per andare a scuola.
Di diritti, di conquiste e di privilegi; di sacchetti di platica che diventano zaini invisibili e pesanti.
Tornerò a casa mia casa nostra, mi sono detta; comoda, e senza distrazioni di colore blu in tutte le sue sfumature, scriverò quella Piccola Storia Inutile, la numero sei, e scriverò molte altre cose che probabilmente non serviranno a niente. E una volta giunte a casa mia casa nostra, ho pensato ancora, a mia figlia comprerò ogni cosa necessaria per la scuola, e pensando a lei ho voluto un po’ meno male alla mia fortuna che è stata quella di avercela fatta.