C’era una volta un uomo che aveva una croce tatuata sotto l’occhio sinistro; sulla croce non c’era nessun corpo e l’inchiostro era un po’ sbiadito. L’uomo lavorava a chiamata al mercato ortofrutticolo, aveva cinquant’anni suppergiù ed era un uomo sporco e innocuo.
Ogni giorno, e da molti anni, appena sveglio l’uomo con la croce tatuata sul viso beveva il suo primo bicchiere di vino rosso scadente. Poi si guardava allo specchio e si diceva questo è il giorno, il giorno che torna. La gente lo chiamava Igor anche se Igor non era il suo nome, e lui non diceva niente; a sentire quel nome si voltava e sorrideva ubriaco.
La cassiera del negozio dove lui comprava il cartone di vino, ogni giorno gli chiedeva e che fine ha fatto Gesù? Igor, che ne hai fatto tu di Dio, eh?, e così dicendo la cassiera puntava il mento in direzione della croce disabitata. Il mondo è pieno di disertori, rispondeva lui, tu la conosci la guerra? La croce senza corpo brucia nell’inferno, biascicava, e svuotava la tasca dalle monete. La cassiera ogni giorno contava gli spicci e gli diceva è tutto a posto, Igor, anche oggi ci sono tutti.
Poi l’uomo con la croce disabitata tatuata sotto l’occhio sinistro andava a sedersi sotto la pensilina di un pullman – sull’asfalto, le sue gambe raccolte al petto diventavano un davanzale sul quale posava le braccia conserte – e così aspettava, e aspettava e sognava a occhi aperti e rossi d’alcool e di commozione: nei suoi sogni, arrivava sempre il momento in cui da un un pullman, finalmente, scendeva Anastasia, e lei, che veniva da un tempo prima di questo giorno, e che indossava un abito blu come il mare dove loro due si erano conosciuti da ragazzi, lei gli diceva amore mio, è tanto che mi aspetti?