3. Genesi di Sezanome – parte II (e ultima)

Perché?

È la domanda che non manca mai; la vedo accompagnata sempre da uno sguardo incredulo, talvolta persino timoroso: perché un romanzo che parla proprio di pedofilia?

C’è un’affermazione che ciclicamente, di solito a cavallo di un fatto di cronaca, torna a occupare spazio nei discorsi e soprattutto sui social media. È questa: “eh, ma la pedofilia in passato era accettata”, per dire che in fondo non si dovrebbero fare tante storie se una persona adulta vuole avere una vita sessuale con un minore e non con un’altra persona adulta, perché se si faceva nel lontano passato (un “passato” richiamato a difesa o per minimizzare ma quasi mai, in chi pronuncia questa frase, circoscritto a un periodo misurato in uno o più luoghi specifici), allora può essere fatto anche ora.

Si tratta invece di un’affermazione che ci dice solo che la pedofilia non è storicamente una novità, ma non ci dice assolutamente nulla delle bambine e dei bambini oggetto di desiderio sessuale. Come sono state le vite di quelle bambine e di quei bambini vissuti in un tempo molto lontano dal nostro? Non possiamo saperlo.

E oggigiorno, cosa succede, o può succedere, nella vita di chi è vittima di abuso sessuale in età infantile? Oggi, grazie alla ricerca clinica e alla diagnostica per immagini, sappiamo che la vita di chi è vittima di pedofilia è, nella maggioranza dei casi, profondamente compromessa: si tratta di un trauma di tale portata da modificare il funzionamento di alcune aree del cervello; i suoi effetti a lungo termine rendono il vivere quotidiano delle vittime estremamente complesso anche una volta raggiunta l’età adulta (e con conseguenti ricadute concrete sulla società), così complesso e doloroso da portare, in alcuni casi, al suicidio persino molti anni dopo l’abuso o gli abusi.

Nei prossimi mesi proverò a parlare di queste ricerche che non sono certo una moda né qualcosa del tutto nuovo, anzi. Non ho pretese di expertise, non sono in cerca di alcun patentino, di alcuna coccarda; ho semplicemente cercato di approfondire il più possibile questo argomento per poterne scrivere e parlare con cognizione di causa. Tra gli inserti che seguiranno, non mancherà quello dedicato al ritorno ciclico di minimizzazioni o di accuse di memorie false, indotte.

Concluderò questo percorso di inserti condividendo l’intera bibliografia che è stata fondamentale per la scrittura di un romanzo come Senzanome. Se c’è una bibliografia che per me non ha alcun senso custodire gelosamente, è proprio questa. Il sapere, quando è diffuso, è in grado di scavare percorsi nuovi e si spera più giusti: credo sia una strada che valga la pena percorrere, o almeno provarci.

Ecco perché.

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