8. E poi? Gli effetti a lungo termine dell’abuso sessuale in età infantile

L’obiettivo di questo inserto è quello di evidenziare il risultato complessivo di alcune ricerche di tipo longitudinale, come ad esempio quelle di Herrenkohl (1994), Silvrman (1996), Widom (1999) e Putnam (1998). Una ricerca longitudinale è un tipo di ricerca che osserva lo sviluppo di un determinato campione oggetto di studio per molti anni. Uno studio longitudinale su un gruppo specifico può arrivare a durare anche 20 anni, e i soggetti sotto osservazione vengono riesaminati più volte nel corso degli anni.

In linea generale, i bambini dei campioni monitorato avevano tutti certificazioni di abusi fisici o sessuali (referti medici, disposizioni giudiziarie, etc.), quindi l’abuso come fattore di partenza per l’osservazione non era una ipotesi e neppure un ricordo richiamato in età adulta. Era la condizione di partenza.

L’osservazione di tipo longitudinale ha permesso di vedere che le persone vittime di abuso fisico e/o sessuale in età infantile hanno in media il 60% di probabilità in più, rispetto a chi non è stato vittima, di sviluppare uno o più di questi effetti a lungo termine:

Problemi di tipo comportamentale: suicidio, autolesionismo, aggressività, dipendenza da alcol e droghe.

Problemi relazionali: autoisolamento, prostituzione o simili, difficoltà a relazionarsi con il gruppo dei pari, comportamenti antisociali, rivittimizzazione (di sé o degli altri).

Disturbi psichici: disturbi d’ansia, depressione, somatizzazione, dissociazione persistente , problemi di attenzione, ADHD, PTSD, memoria discontinua, sviluppo di personalità borderline.

Problemi di salute fisica: compromissione del sistema immunitario, circolatorio e tutto ciò che è collegato al rilascio degli ormoni dello stress. Si ammalano di più e più facilmente.

Due o più di questi sintomi possono coesistere nello stesso soggetto, come nel caso della protagonista di Senzanome (dissociazione, PTSD, flashback, rivittimizzazione di sé, paralisi).

In particolare, è stato osservato che gli effetti a lungo termine dell’abuso sessuale sul bambino si manifestano all’esterno in modo diverso a seconda della sua fase di sviluppo, si parla cioè di delayed effects. Un bambino che inizialmente soffre di mutismo selettivo, in adolescenza potrà essere un soggetto particolarmente aggressivo e poi un adulto con idee suicidarie.

Un altro dato molto interessante è che in alcuni di questi studi, come quello di Widom (1999), c’è una percentuale di giovani adulti (circa il 40% tra i ventenni rivisti da Widom) che afferma di non ricordare di essere stato vittima di abusi in età infantile, eppure gli abusi, anche molto gravi, sono stati ampiamente documentati da certificazioni mediche e giudiziarie. Loro non ricordano a livello conscio ma, ci dice la ricerca, il loro corpo sì e lo fa come e quando vuole lui (la tirannia del passato che torna nei suoi modi e nei suoi tempi).

A mio avviso si possono trarre almeno due conclusioni.

La prima: pensare che una vittima di pedofilia diventi a sua volta un pedofilo è sia impreciso sul piano statistico e clinico sia ingiusto umanamente. È anche una scorciatoia, un evitamento della responsabilità, perché toglie al resto della società l’onere di fare qualcosa. Può succedere, certo, ma gli effetti a lungo termine sono molti altri e assai più consistenti in termini numerici.

La seconda: la pedofilia ha degli effetti a lungo temine che ricadono anche su tutta la società. Dove manca empatia, forse si potrebbe ragionare in termini di convenienza. Non riconoscere, e quindi non curare in modo tempestivo e adeguato questo genere di trauma avrà delle ricadute negative sull’intero corpo sociale. Se ho una gamba rotta non posso recarmi agilmente al lavoro e forse farò tardi o non mi presenterò affatto, e il dolore o il fastidio del gesso non mi permetteranno di relazionarmi con gli altri e di lavorare al meglio delle mie capacità. E se una persona ha continui flashback, o se il suo cervello ha un allarme antincendio che suona anche per un soffio di vento, questa persona quali possibilità ha di contribuire in modo positivo e non distruttivo alla vita di comunità?

La salute mentale non dovrebbe essere un tabù, e men che meno un privilegio.

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