È tutto da riscrivere

Ricordo gli anni 90 come l’inizio dell’epoca degli esordi fulminanti, possibilmente giovanissimi. Dei prodigi della letteratura. Ogni anno,, ci diceva il marketing, da un giorno all’altro veniva scoperto uno scrittore geniale e imperdibile; era già pronto, fatto e finito ed era stato finalmente portato alla luce del sole. Il marketing ci diceva (e in parte lo fa ancora adesso, sebbene in misura minore perché la foga contemporanea è indirizzata su altro) che c’erano persone di innato talento che azzeccavano la scrittura di un romanzo al primo colpo. Tutti libri da non perdere, ovviamente. Da che io ho memoria, il marketing ha sempre fatto ciò che si chiede al marketing: vendere. È la sua ragione d’essere.

E il mestiere di chi scrive, invece, cosa comporta? La realtà della scrittura è ben diversa da quel che il marketing comunica(va): scrivere un (buon?) romanzo non è una cosa che si fa da un giorno all’altro. Però una fascetta con su scritto “un romanzo che ha avuto molte versioni precedenti cestinate dall’autore” non sarebbe per nulla invitante (e la fatica non sempre porta alla qualità).

La realtà prima della fascetta è fatta di pochi alti e molti bassi. Scrivere (mi) richiede molto tempo, dedizione e tantissime pagine cestinate; e tempi apparentemente morti fatti di ore passate sul divano con gli occhi chiusi a fantasticare sulla storia, così come tempi in cui non mi stacco dalla scrivania salvo poi disperarmi perché sento di aver sbagliato tutto – nella scrittura e, quindi, anche nella vita perché diamine un lavoro normale no? Ma perché tutta questa fissazione su un mestiere che in fondo per molti è un hobby? – e anche che non ce la farò mai. Mi succede ogni volta, anche per due o tre volte consecutive. È normale.

Cocciutaggine: cestinare, disperarsi, ricominciare. Un (buon?) romanzo finalmente scrittto è ciò che rimane visibile dopo tantissimi fallimenti solitari, e per lo più al buio.

[Sono reduce da una settimana in cui ho scritto poco perché la vita mi ha obbligata a occuparmi di altro, ma non perdo il filo di questa storia in divenire per la quale vorrei trovare un soprannome, un modo affettuoso di richiamarla a me.]

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