2. Genesi di Senzanome – parte I

L’idea di questo inserto nasce da un post non mio nel quale si discuteva dell’utilità o meno dei corsi di scrittura creativa, post al quale ho dato il mio piccolo contributo raccontando la mia esperienza londinese. Mentre rispondevo, mi sono resa conto che la genesi di Senzanome, la sua possibilità iniziale, si trova proprio nelle aule della Birkbeck University of London. In aggiunta al corso di laurea in Letteratura Inglese, infatti, ho frequentato un corso biennale in Creative Writing senza il quale non credo sarei riuscita ad affrontare l’argomento pedofilia.

Non ricordo con cosa superai la prova di ammissione al corso di Creative Writing (forse addirittura con delle poesie), ma quei due anni sono stati per me un percorso formativo fondamentale. I miei compagni, circa una decina, erano tutti madrelingua inglese e io pensavo che non sarei mai più tornata a vivere in Italia. Ho amato la luce di quelle sere in quell’aula e i miei compagni di corso, ho amato le tazze di tè nero e tutti i nostri sogni. Però ora, così, mi sto lasciando andare a una certa nostalgia che sempre più frequentemente viene a trovarmi.

Studiare Creative Writing mi ha dato, prima di tutto, la postura: scrivere è una faccenda seria, serissima, e non esiste soggetto che non sia indagabile, non esistono temi proibiti. Scrivere è porre e porsi domande, è investigare. Scrivere è dialogare con i maestri e le maestre più grandi di tutti i tempi (“immaginatevi in una situazione di questo tipo”, ci dicevano, e io attorno a questo punto ho finito per sviluppare un mio personalissimo rituale), un dialogo che si consuma davanti a un pubblico silenzioso ma severo.

E mi ha dato la disciplina (in fatto di disciplina devo però dire che le/gli insegnati hanno trovato in me del terreno fertile): conoscere il soggetto del quale si vuole scrivere deve essere un imperativo, studiare sempre deve essere il pane quotidiano. (Qualche mese fa, sulla bella rivista L’Ircocervo, è stato pubblicato un mio racconto dal titolo Solo Zoe. Un racconto al quale mi sento particolarmente legata. È stato nel processo di scrittura che ho imparato che l’albinismo negli animali non è poi così raro, e allora l’ho immaginato in un merlo.)

Alla libraia che qualche giorno fa, indicandomi le copie di Senzanome che aveva a scaffale, mi ha chiesto “come ha fatto a scrivere di (pausa), di un tema così” – la parola pedofilia ha subito una censura interessante e, per me, nient’affatto nuova – ho raccontato di un inizio che in realtà, a pensarci bene, è arrivato solo molti anni dopo e sul quale scriverò nelle prossime settimane. Sarebbe invece stata più corretta questa risposta: l’ho fatto grazie a certi strumenti che mi sono stati dati là, in un’aula della Birkbeck University of London. Indagare su tutto e farlo con serietà e disciplina, coltivare la lucidità e avere un obiettivo ben chiaro in testa. Solo così mi è stato possibile pensare a un libro come Senzanome, e affrontare letture che altrimenti avrebbero potuto essere insostenibili per rabbia e disgusto.

I created my first victim when I was thirteen, a female victim… Sally was six and I was thirteen, and I raped and molested Sally by forcing my hands and fingers on her vulva and in her vagina and forcing objects into her vagina. […] I created my first male victim when I was fifteen […]

Question. How old are you now?

Answer. I’m thirty-three now, and I have been incarcerated for three years…

Q. How many total victims did you have?

A. I have eleven male rape victims, one female rape victim, and I have approximately 1,250 male molest victims, and I say approximately because I really don’t know.

Q. How many kids were you molesting a week to have a rate like that?

A. There were times when I went a whole week, two weeks, three weeks without ever molesting anybody. And there were other times that I molested daily. Two or three times a day. On average I would say I molested five children a week over that twenty-year period…

Q. And you mean five different kids?

A. Yes.

[Predators: Podophiles, Rapists and Other Sex Offenders, by Anna C. Salter; Ed. Basic Books, 2021]

Non è stato semplice, non è mai semplice e se sembra semplice allora forse c’è qualcosa che non va. La stesura di Senzanome ha richiesto molto tempo e molte energie, ma è stata per me possibile perché nelle aule di quell’Università hanno trattato con rispetto la mia ambizione e mi hanno insegnato la potenza della scrittura quando viene presa sul serio.

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